Vivere una relazione d’amore è un’esperienza di arricchimento emotivo, scambio relazionale, reciprocità, che procura forti sensazioni di benessere e piacevolezza, soprattutto nella prima fase dell’innamoramento. Una sorta di volo a due.
Talvolta però alcune relazioni perdono queste caratteristiche positive e vengono sostituite dal tormento, malessere, difficoltà a comunicare con l’altro. Piuttosto che prendere il volo, la relazione diventa una gabbia che imprigiona e che impedisce qualsiasi movimento, anche quello della fuga.
Quando viene meno la reciprocità, in genere uno dei due partner inizia a porsi con un atteggiamento sacrificale, mentre l’altro tenderà a fuggire dalla relazione, talora impegnandosi in un altro rapporto. La situazione diventa ancora più grave se un membro della coppia soffre di una condizione psicopatologica che gli impedisce di investire realmente nella relazione, come nel caso dei disturbi di personalità o di dipendenza patologica, come quella da sostanze.
Una relazione affettiva che assume questi aspetti di distruttività e malessere, in cui vengono messi in atto dei tentativi di allontanamento che si rivelano poi fallimentari, può essere condizionata da una vera e propria dipendenza affettiva.
Cosa impedisce di uscire da queste relazioni che magari si protraggono per anni con conseguenze devastanti per la propria vita? Chi soffre di una dipendenza affettiva, vive un vuoto personale interiore che non riesce a colmare da solo e lo porta a cercare nell’altro e nella relazione amorosa questo senso di completezza. Il partner diventa quindi un salvatore, colui che riuscirà a “guarire” le ferite affettive che risalgono alle relazioni infantili con le figure genitoriali, spesso inadeguate. Per salvaguardare questa relazione “salvifica” la persona metterà in atto, anche in modo inconsapevole, delle misure irrazionali, prima fra tutte quella di sacrificare i propri bisogni e desideri e di focalizzarsi primariamente su quelli del partner.
Il soggetto dipendente, in relazione alle esperienze infantili disfunzionali, vive un senso di scarsa autostima e attribuisce poco valore ai propri bisogni. Queste caratteristiche finiscono inevitabilmente per incastrarsi con le caratteristiche di personalità del partner, che in taluni casi può mettere in atto atteggiamenti improntati all’assoggettamento.
Inoltre, chi vive in modo tanto dipendente le relazioni affettive, non ha una rappresentazione chiara e matura della propria identità, e si appiglia all’illusione di un Noi idealizzato, che non risponde alla realtà, ma a come questa viene fantasticata. Il suo obiettivo è quello di realizzare questa unione ideale, con un partner che tende ad opporsi in modo rifiutante o ambivalente. La reazione del partner è tanto più rifiutante quanto più esplosiva è la dipendenza del partner.
L’inevitabile incertezza e instabilità in questo tipo di relazioni porta il soggetto a sviluppare una sintomatologia di tipo ansioso depressivo, connessa alla paura di essere abbandonato; talvolta può esprimere un malessere anche durante brevi separazioni, oltre al bisogno di controllare l’altro ossessivamente.
Gelosia, disistima e senso di colpa sono sentimenti comuni a chi vive questo disagio, a causa del sentimento d’impotenza rispetto al partner e alle sue richieste. Il corso della sua quotidianità si svolge prevalentemente in funzione dell’altro e della relazione, anche quando ha una piena consapevolezza, a livello razionale, dell’inadeguatezza e distruttività della relazione.
In queste situazioni, a ben vedere, i partner sono reciprocamente dipendenti: per entrambi l’altro è fondamentale per compensare le proprie carenze individuali. L’esito è un rapporto incapace di evolvere, imbrigliato su se stesso; anche l’esperienza dei singoli membri della coppia finisce per essere la stessa.
Non si può delineare un unico profilo del dipendente affettivo, perché la modalità di dipendenza si sviluppa a seconda della storia personale e di altri elementi di personalità. Tuttavia, alcune caratteristiche tipiche sono:
- l’attitudine a soddisfare i bisogni dell’altro considerandoli prioritari rispetto ai propri;
- l’attitudine a stabilire relazioni con partner indisponibili emotivamente;
- l’attitudine ad instaurare relazioni di tipo simbiotico in cui il “Noi” della coppia oscura le singole individualità.
Spesso il dipendente affettivo soffre di un forte senso di inadeguatezza e ritiene di dovere essere protetto, accudito. Nella loro infanzia questi individui hanno fatto esperienza di trascuratezza emotiva e, nei casi più gravi, anche fisica, secondi dinamiche che inconsciamente tenderanno a riproporre nel corso delle relazioni sentimentali, nel tentativo disperato di modificarne l’esito. E per riuscire in questo intento, devono “modificare l’altro per guarire se stessi”. Idealmente, se riuscissero in questo intento, il senso di Sé ne uscirebbe gratificato. Ma chiaramente è una battaglia persa in partenza, e gli esiti di tale sconfitta sono devastanti.
Attraverso un percorso di psicoterapia, individuale e di gruppo, è possibile diventare consapevoli dei meccanismi affettivi che si celano in tali dinamiche, curare le ferite originarie, mettere se stessi e i propri bisogni al centro della propria vita e assumersi la responsabilità del proprio benessere, senza più delegarlo al partner o a tutto ciò che è altro da sé.