Il gioco d’azzardo patologico (GAP) negli ultimi decenni ha assunto una rilevanza sociale di tale entità da essere inserito all’interno del Manuale dei Disturbi Mentali (DSM- IV TR) tra i Disturbi del Controllo degli Impulsi ed è caratterizzato dall’incapacità di resistere alla tentazione “persistente, ricorrente e maladattiva” di giocare somme di denaro elevate.
Esistono differenti tipologie di giocatori e anche di gravità del disturbo:
Giocatori sociali occasionali: giocano per divertirsi e per socializzare ed il gioco non interferisce con la loro vita.
Giocatori sociali costanti: investono tempo nel gioco che per loro rappresenta la principale forma di relax e divertimento; sono in grado di mantenere il controllo sulla loro attività di gioco e non trascurano il lavoro e la famiglia.
Giocatori per “fuga” e per “alleviamento” senza sindrome da dipendenza: riescono tramite il gioco ad alleviare sensazioni di ansia, depressione, solitudine e noia; il gioco rappresenta un potente analgesico che aiuta a non pensare alle difficoltà. Pur essendo giocatori compulsivi, non hanno sviluppato una Sindrome da Dipendenza.
Giocatori compulsivi con Sindrome da Dipendenza: non hanno più il controllo del gioco che è diventato il fulcro della propria vita; non possono smettere di giocare indipendentemente dalla loro volontà e dal loro impegno. Sono compromesse le attività lavorative, sociali e familiari.
Nel giocatore compulsivo sono presenti i medesimi meccanismi del dipendente da sostanze, ovvero l’assuefazione (bisogno di scommettere cifre sempre più alte), l’astinenza (sudorazione, tremori, ansia) quando il soggetto è impossibilitato a praticare l’attività del gioco e la perdita di controllo che si manifesta attraverso l’incapacità di smettere di giocare.
Il giocatore patologico utilizza alcune distorsioni cognitive che distorcono l’esame di realtà ed aumentano le probabilità che il comportamento dannoso venga ripetuto. I giocatori patologici hanno infatti un particolare rapporto con la “sorte”, utilizzano il pensiero magico e alcuni rituali con l’illusione di intervenire sull’esito dell’evento casuale, ad esempio tornare sempre nello stesso posto dove si è acquistato un biglietto vincente o credere che aumentino le probabilità di verificarsi di un evento come l’uscita di un numero quando non si verifica statisticamente da un po’.
L’autoinganno e il ricorso a ragionamenti apparentemente razionali assumono la funzione di strumenti di controllo del senso di colpa e innestano ed alimentano un circolo autodistruttivo in cui se il giocatore dipendente perde, giustifica il suo gioco insistente col tentativo di rifarsi e di “riuscire almeno a riprendere i soldi persi”, se vince si giustifica affermando che “è il suo giorno fortunato e deve approfittarne”, sottolineando una temporanea vittoria che supporta, attraverso una realtà vera ma alquanto instabile e temporanea, questa affermazione interiore o esteriore.
Una distinzione che è opportuno fare, anche in relazione alla diversa impostazione del possibile percorso terapeutico, è quella tra “dipendenza da gioco”, ossia disturbo primario del gioco , noto anche come “compulsive gambling” o “ludopatia morbosa compulsiva”, e “gioco patologico secondario” , ossia sintomo di un’altra problematica psichica. In quest’ultimo caso, infatti, il gioco patologico può essere considerato come un effetto di un disturbo primario che deve divenire il focus della terapia.
E’ fondamentale quindi effettuare dei primi colloqui diagnostici per comprendere se il gioco patologico rappresenta il disturbo primario e in tal caso la terapia si focalizza rispetto a tale sintomatologia e al significato che assume nella vita del soggetto o se invece si situa all’interno di quadro psicopatologico più ampio e complesso, come nei disturbi di personalità e in particolare nel disturbo borderline.
Riuscire a riconoscere il malessere sottostante a queste dipendenze è il primo passo della presa in carico psicoterapica all’interno del Centro Clinico Koinè.